Sono sette i paesi che secondo la Commissione europea rischiano di violare nel 2015 il Patto di Stabilità; tuttavia alll’Italia l’esecutivo guidata da Juncker – solo blandamente attaccato per lo scandalo del Lussemburgo che ha stretto patti con aziende dello Spazio Europeo per farle pagare meno tasse nel Granducato, a discapito del fisco nazionale – chiede di garantire il rispetto delle regole europee, ma privilegiando a fisco e conti pubblici la necessità di perseguire riforme economiche e strutturali, vista la delicata situazione economica. Una nuova valutazione da parte di Bruxelles avverrà in marzo.
Dunque Commissione e Juncker da un lato, governo Renzi dall’altro scambiano – tra l’altro – le sorti di milioni di lavoratori, soprattutto giovani ed indifesi, con la promozione, anche solo temporanea, dei conti pubblici italiani e della Legge di Stabilità di prossima approvazione. Ciò dimostra ancora una volta come Renzi sino a qualche tempo fa non fosse interessato alla riforma, meglio deregolamentazione del mercato del lavoro italiano, che non volesse intervenire su quel che rimane dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori. L’assordante silenzio con il quale molti premier europei hanno accompagnato lo scandalo che ha coinvolto Juncker ed il Lussemburgo, dimostra – ove ve ne fosse bisogno – che da tempo è stato stretto un patto d’acciaio tra i governi, le grandi aziende capitaliste e la Troika (soprattutto la Commissione Ue). Quelle stesse aziende che hanno evaso ed eluso in Italia ed alle quali Renzi e Poletti intendono regalare un diritto del lavoro e delle relazioni sindacali annacquato e favorevole solo alle aziende. Per altro proprio in questi giorni Matteo Renzi con i suoi hanno fatto un gradito dono agli evasori fiscali aumentando il tetto minimo di perseguibilità penale e dunque di punibilità da 50mila a 200mila euro per il reato di dichiarazione infedele.
Ritornando all’azione della Commissione, questa chiede ai paesi membri della zona euro a rischio di violazione degli impegni comunitari (Belgio, Spagna, Francia, Italia, Malta, Austria e Portogallo) «di adottare le misure necessarie nell’ambito della procedura nazionale di bilancio al fine di garantire che il bilancio 2015 sia conforme al Patto». Nell’opinione relativa all’Italia, l’esecutivo comunitario è più chiaro su quello che intende dire.
«La Commissione è dell’opinione che l’Italia ha fatto progressi per quanto riguarda le raccomandazioni di bilancio (…) e invita le autorità a fare ulteriori passi avanti. In questo contesto, misure di aiuto alla crescita, un rigido controllo della spesa pubblica primaria, un aumento dell’efficienza della spesa pubblica e le previste privatizzazioni contribuirebbero a portare il debito pubblico su un piano calante, coerente con la regole del debito nei prossimi anni».
L’esecutivo comunitario è stato chiamato a una delicata quadratura del cerchio. Il bilancio previsionale italiano, attualmente in discussione in Parlamento, prevede un aggiustamento strutturale del deficit dello 0,3% del prodotto interno lordo, insufficiente alla luce delle regole europee. Consapevole della difficile situazione economica, la Commissione ha deciso di non chiedere ulteriori misure di finanza pubblica, ma vuole che il governo si adoperi per adottare le riforme promesse.
Nella sua opinione, Bruxelles mette l’accento sulle difficoltà economiche del paese. Secondo i calcoli dell’esecutivo comunitario, le regole europee di riduzione del debito imporrebbero in questo momento all’Italia un taglio strutturale del suo deficit pari a circa 2,5 punti percentuali del prodotto interno lordo nel 2015. Sulla base di un deficit strutturale nel 2013 dello 0,8% del prodotto interno, il bilancio si trasformerebbe l’anno prossimo in un attivo strutturale di oltre l’1,5% del Pil.
Un aggiustamento di bilancio, quest’ultimo, troppo impegnativo nel delicato contesto economico e sociale italiano, tanto che Bruxelles accetta di chiudere un occhio, evitando di chiedere ulteriori misure di bilancio nella Finanziaria 2015. Una nuova verifica avverrà in marzo e si baserà soprattutto sul rispetto da parte del governo delle promesse di modernizzazione dell’economia. In questo momento, per Bruxelles è più importante sostenere la crescita senza la quale il debito non potrà scendere.