Lo scorso 13 novembre le banche francesi e inglesi, con una lettera delle rispettive associazioni di categoria, indirizzata al vicepresidente della Commissione, hanno incominciato ufficialmente a pressare l’esecutivo Ue affinchè riveda il progetto che punta ad isolare le attività di trading ad alto rischio nei grandi istituti in quanto potrebbe scoraggiare l’attività di prestiti alle economie in difficoltà. Lo scorso gennaio infatti la Commissione Ue aveva pubblicato una bozza di regolamento che vieterebbe alle banche considerate “too big to fail” di effettuare il cosiddetto ‘trading proprietario’, ovvero attività speculative su strumenti finanziari per conto proprio.
La riforma mira a scongiurare il ripetersi dei crolli bancari della crisi finanziaria del 2008-2009, prevedendo che le banche con una forte operatività di trading ad alto rischio separino queste attività da quelle tradizionali di esercizio del credito e di raccolta del risparmio presso il pubblico. Tuttavia, secondo le associazioni bancarie della Francia e della Gran Bretagna “c’è il serio rischio che le misure di riforma strutturale, come attualmente proposte, costituiscano un notevole svantaggio nel finanziamento delle imprese europee, in contrasto con gli sforzi dell’Unione europea di fare ripartire la crescita e migliorare l’occupazione”.
Nella loro lettera, datata 13 novembre, e inviata al vicepresidente della Commissione Frans Timmermans, si sottolinea inoltre che tali cambiamenti previsti nella bozza di regolamento non sarebbero necessari, poiché gli stress test condotti di recente sulle banche europee e le misure prese in modo indipendente dagli istituti francesi e inglesi per limitare le attività bancarie di tipo speculativo evidenzierebbero l’autosufficienza di tali istituti .
Insomma, anche questa vicenda dimostra come non sia facile addivenire ad una regolamentazione che rappresenti al meglio le esigenze degli Stati e dei risparmiatori. Probabile che si arrivi dunque alla salomonica soluzione di compromesso. Il progetto di regolamento deve essere ora approvato da 28 stati membri Ue e dal Parlamento europeo, lasciando alla Commissione europea guidata dal nuovo presidente Jean-Claude Juncker il compito di aiutare le parti a trovare un accordo.