EUROPA ED ITALIA UNITE DA DUE D: DISOCCUPAZIONE E DEFLAZIONE. INSUFFICIENTI LE MISURE DELLA BCE.

Pier_Carlo_Padoan_2013

Disoccupazione al 12,6%

Negli scorsi giorni l’Istat ha diffuso dati estremamente negativi, ma purtroppo già ampiamente noti e preventivati, sullo stato dell’economia di casa nostra. Prima di diffonderci sulla contrazione dei prezzi al consumo, che hanno fatto scivolare il Paese in un preoccupante ma anche qui prevedibile stato deflattivo,  sarà opportuno soffermarsi sulla disoccupazione.

La disoccupazione a luglio, infatti, è tornata a salire, balzando al 12,6%, in rialzo di 0,3 punti percentuali su giugno e di 0,5 punti su base annua (circa 71 mila occupati). Seguendo i dati non destagionalizzati rilevati dall’Istat, gli occupati a luglio calano di 35 mila unità: è come se si fossero persi più di mille posti di lavoro al giorno. Il tasso di occupazione, pari al 55,6%, diminuisce di 0,1 punti percentuali sia su base mensile che su base annua. Viene così cancellata la flessione del mese precedente, con il tasso che si riporta ai livelli di maggio, appena sotto i massimi storici. Il tasso di disoccupazione aumenta rispetto a giugno sia per la componente maschile (+3,3%), sia per quella femminile (+1,0%), rileva ancora l’Istat.

Unica modesta nota positiva è rappresentata dalla disoccupazione giovanile: sempre in riferimento al mese di luglio, il dato è in calo. «I disoccupati tra i 15 e i 24 anni sono 705 mila – si legge nella nota dell’istituto di statistica – L’incidenza dei disoccupati di 15-24 anni sulla popolazione in questa fascia di età è pari all’11,8%, in aumento di 0,1 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 1,1 punti su base annua. Il tasso di disoccupazione dei 15-24enni, ovvero la quota dei disoccupati sul totale di quelli occupati o in cerca, e’ pari al 42,9%, in diminuzione di 0,8 punti percentuali rispetto al mese precedente ma in aumento di 2,9 punti nel confronto tendenziale».

Nell’industria in senso stretto riprende la crescita dell’occupazione (+2,8%, pari a 124.000 unità), dovuta solo alla componente maschile, mentre prosegue la contrazione di occupati nelle costruzioni (-3,8%, pari a -61.000 unita’) e nel terziario (-0,6%, pari a -92.000 unita’). Non si arresta, inoltre, la flessione degli occupati a tempo pieno (-0,5%, pari a -89.000 unità rispetto al secondo trimestre 2013), che in quasi due terzi dei casi riguarda i dipendenti a tempo indeterminato (-0,5%, pari a -57.000 unita’). Gli occupati a tempo parziale continuano ad aumentare (+1,9%, pari a 75.000 unita’), ma la crescita riguarda esclusivamente il part time involontario che riguarda il 64,7% dei lavoratori a tempo parziale.

Deflazione per l’Italia

L’Italia è in deflazione. Ad agosto l’indice dei prezzi al consumo misurato dall’Istat nelle prime stime ha segnato un calo dello 0,1% rispetto allo stesso mese dello scorso anno (era +0,1% a luglio). Il nostro Paese entra in deflazione per la prima volta dal settembre del 1959. Allora, precisa l’Istat, la variazione dei prezzi risultò negativa dell’1,1%, in una fase di 7 mesi di tassi negativi. Il tasso di variazione annuale dei prezzi è in discesa da quattro mesi consecutivi. È soprattutto la componente energetica, in particolare quella legata al costo dei carburanti, a pesare sui prezzi di agosto e a trascinare l’indice in negativo. Secondo i dati provvisori dell’Istat, i prezzi dei beni energetici non regolamentati sono diminuiti dell’1,2% rispetto al 2013 (dal +0,4% di luglio), con la benzina in calo dello 0,9% e il gasolio dell’1,7%. Agosto e settembre 2013 registrarono forti aumenti dell’energia che vengono ora scontati nel confronto annuo. Ad agosto risulta ancora in deflazione anche il cosiddetto carrello della spesa, ovvero l’insieme dei beni che comprende l’alimentare, i beni per la cura della casa e della persona. Il ribasso annuo è infatti pari allo 0,2%, anche se in recupero rispetto al -0,6% di luglio.

Europa a rischio deflazione.

Anche nell’area euro si assiste a una nuova gelata sui prezzi. Ad agosto, secondo le stime di Eurostat, l’indice dei prezzi al consumo su base annuale scende a un +0,3% rispetto allo 0,4% del mese precedente. La nuova frenata è determinata dal segmento dell’energia che registra una variazione annua negativa del 2% rispetto al -1% di luglio. L’Istat conferma poi che l’economia italiana nel secondo trimestre del 2014 si è contratta dello 0,2% rispetto al trimestre precedente. L’Istituto di statistica ha invece rivisto, per effetti di arrotondamento, la stima sul pil tendenziale del 6 agosto da -0,3% a -0,2%. Con il primo trimestre chiuso a -0,1%, l’Italia è di fatto in recessione.

Le misure non convenzionali della Bce

Intanto la Bce, già nella seduta del board dello scorso 5 giugno, ha deliberato una serie di misure, definite non convenzionali, per stimolare la ripresa dell’economia e per contrastare la deflazione. Come scritto in più circostanze – QUANTITATIVE EASING EUROPEO? PIU’ FACILE A DIRSI CHE A FARSI (https://economiaefuturo.wordpress.com/2014/08/28/quantitative-easing-europeo-piu-facile-a-dirsi-che-a-farsi/ ), COME VERRANNO UTILIZZATI I PRESTITI DELLA BCE FINALIZZATI ALL’ECONOMIA REALE ?(https://economiaefuturo.wordpress.com/2014/08/26/come-verranno-utilizzati-i-prestiti-della-bce-finalizzati-alleconomia-reale/) – sebbene la misura dei finanziamenti a 4 anni finalizzati ad imprese e famiglie (Tltro) e fruibili in più tiraggi dalle banche dell’Eurosistema, sia nelle intenzioni positiva, rischia poi di diventare all’atto pratico di scarsa efficacia per almeno tre ordini di ragioni:

1) ogni singola banca può chiedere finanziamenti per un ammontare non superiore al 7% della massa di impieghi concessi, in essere al 30 aprile, al netto dei mutui e degli impieghi in favore di istituzioni finanziarie;

2) le richieste avanzate dagli istituti di credito rispondono solo in parte alle esigenze concrete dell’economia reale, anche perchè condizionati nell’ammontare da quanto detto al punto 1;

3) i denari consegnati dalla Bce è vero che dovranno essere destinati inderogabilmente all’economia reale, pena l’obbligo di restituirgli alla banca centrale, ma per far ciò gli enti creditizi avranno a disposizione due anni di tempo. In questo lasso di tempo potrebbero utilizzare anche parte dei Tltro per estinguere precedenti esposizioni a lungo con la Bce (Ltro), che per altro sono state concesse a condizioni più onerose, e/o procedere a nuovi acquisti di titoli di Stato, che rimangono pur sempre appetibili anche se a fronte di cedole di gran lunga più contenute. In parole povere, si correrebbe il rischio che almeno parte dei fondi vengano utilizzati dalle banche per operazioni di sistemazione dei bilanci, sia per il rafforzamento del Cet1 Ratio, ossia dei requisiti minimi di capitale richiesti alle banche dal Comitato di Basilea (Basilea III) per far credito (ma non solo), che in vista degli stress test Eba, per valutare la capacità del patrimonio delle banche a far fronte a crisi economiche e di sistema. La solidità delle banche è un requisito che deve sussistere ed essere verificato tempo per tempo.

Un aspetto di non scarsa importanza è che le banche destinatarie dei Tltro faranno credito con una certa discrezionalità e soltanto – salvo eccezioni – a soggetti bancabili e comunque con rating adeguato, nell’ambito dunque di quanto raccomandato da “Basilea”. Rischiano dunque di rimanere fuori le start up, soprattutto quando non sia possibile soddisfare le richieste di adeguati collaterali in titoli e/o danaro e di appropriate garanzie personali, ed imprese e famiglie prive dei coefficienti richiesti da una o più banche. Quanto sopra dimostra ancora di più come, invece, sarebbe opportuno un cambio radicale nello statuto di Bce, tale da trasformarla in finanziatore diretto degli Stati ed ente di ultima istanza, cui riservare la stampa della moneta e dunque un dominio più esteso sulla massa monetaria.

I fondi per il rilancio dell’economia andrebbero dunque prestati agli Stati a sostegno della crescita e dell’occupazione, anche ad incremento dei fondi strutturali e di coesione, con erogazioni anche in parte a fondo perduto e non solo a start up, ma pure ad imprese già in essere ma non propriamente bancabili, semmai perché, come tante, colpite dalla congiuntura economica generale. Ci si attenderebbe, dunque, un intervento poderoso in favore delle economie dell’Ue, che si ispiri fortemente ad equità sociale. Il paventato acquisto di titoli di Stato (Quantitative easing) dalla Bce rischia sì di immettere liquidità nuove sui mercati, ma anche di creare una trappola che impedisce la trasmissione di tali risorse all’economia reale, in quanto banche e capitalisti privati, principali detentori di liquidità, per paura di rischiarla concedendo credito, preferiscono non investire o investire con il contagocce nell’economia reale. E ciò vale a maggior ragione in un contesto di crisi.

Ovviamente queste considerazioni comportano il superamento del Fiscal Compact.

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