Abbiamo di recente fatto riferimento ad una prenotazione di 52 miliardi di euro da parte delle banche italiane di prestiti a lungo termine finalizzati ad imprese e famiglie (Tltro), che diventano 75 con quelli richiesti da Cassa Depositi e Prestiti (52 MILIARDI AD IMPRESE E FAMIGLIE ITALIANE DAI FINANZIAMENTI TARGATI BCE
Siamo nell’ambito delle misure di politica monetaria e di lotta alla deflazione varate dalla Banca Centrale Europea. I Tltro dovranno essere utilizzati per finanziare imprese e famiglie, dunque sono accompagnati da un vincolo di destinazione. Le banche che dovessero utilizzarli per finalità estranee, saranno colpite da clausola risolutiva espressa e costrette alla restituzione alla Bce, ma solo a partire da settembre 2016. Dunque avranno due anni di tempo, visto che la prima tranche di erogazione delle liquidità alle banche si avrà nel prossimo mese di settembre. Il rischio dunque è che le banche destinatarie delle consistenti liquidità messe a disposizione dall’Eurotower stornino almeno in parte dei finanziamenti per esigenze di bilancio come per il consolidamento del patrimonio netto, secondo le disposizioni di Basilea III. Oppure potrebbero utilizzare i i danari prestati a condizioni vantaggiosissime – ad appena lo 0,15% – per estinguere le esposizioni in Ltro concesse sempre dalla Bce a più onerose condizioni, ed utilizzate in prevalenza per la sistemazione dei conti o per l’acquisto di titoli del debito pubblico.
Estremamente critico nei confronti delle politiche monetarie di Bce è Eric Toissant che, nell’articolo intitolato “SUPER MARIO DRAGHI AL SERVIZIO DEI BANCHIERI” (da Movimento operaio).
Ancora una volta la BCE ha deciso di abbassare il tasso al quale presta denaro alle banche private. Tasso che è passato dallo 0,25% (in vigore dal novembre 2013) allo 0,15% dall’11 giugno 2014. Tutto questo a beneficio delle banche private che, a loro volta, possono prestare questo denaro agli Stati a tassi che variano dall’1,40% (come in Germania a fine giugno 2014) al 6,00% per la Grecia. Ufficialmente, la diminuzione del tasso dovrebbe indurre le banche ad aumentare i loro prestiti alle imprese (in particolare, alle PMI – Piccole Medie Imprese, che in Europa rappresentano il maggior datore di lavoro) ed alle famiglie. Ma le banche preferiscono prestare agli Stati perché è più sicuro. Acquistare titoli del debito sovrano (debito pubblico) permette loro di raggiungere più facilmente i limiti imposti delle autorità di controllo bancario per il capitale minimo richiesto, rispetto al bilancio totale (o al totale degli attivi). Tale atteggiamento, generalizzato ai tempi delle sole Ltro, potrebbe continuare – come detto – almeno in parte a perpetuarsi proprio per la contraddittoria clausola introdotta da Francoforte in merito all’obbligo di restituzione dei danari male utilizzati dalle banche, che hanno la bellezza di due anni di tempo. Non essendo costretti ad una restituzione immediata o comunque in tempi ragionevoli, gli intermediari avranno tempo sufficiente per cambiare il proprio assetto ovvero per concordare con Bce diverse modalità di restituzione o impiego delle somme distolte dalla loro naturale destinazione.In questo modo viene dunque a consolidarsi quel meccanismo perverso che individua il sistema bancario come principale finanziatore degli Stati, mentre correttamente dovrebbe essere la Bce a finanziare direttamente gli Stati!
Le banche hanno ridotto i crediti alle famiglie e alle imprese, in particolare a quelle piccole e alle medie che rappresentano la maggioranza dei posti di lavoro. Nel 2013, nella zona euro, i crediti bancari sono diminuiti del 2%, i crediti alle imprese non finanziarie sono diminuiti del 3,5%. Le collettività locali dipendono sempre più da finanziamenti obbligazionari. Nell’Unione europea le economie periferiche sono sicuramente le più toccate.
Toissant critica <nche fortemente l’apertura manifestata a più riprese dai banchieri centrali a proposito dei prodotti strutturata (Abs) aventi quali sottostanti crediti di elevato standing ad imprese, che la Bce assumerebbe a collaterale (in garanzia) in cambio di liquidità da erogare allo 0.15% (i Tltro, appunto). Per incoraggiare i banchieri europei ad aumentare i loro crediti alle PMI, Mario Draghi propone loro di aumentare la produzione di prodotti strutturati, composti da un insieme di prestiti a queste PMI. Le banche che accordano crediti alle PMI possono registrarli fuori dai loro bilanci cartolarizzandoli e assemblandoli in un prodotto strutturato (Asset Backed Securities). La BCE propone poi alle banche di depositare presso di lei questi prodotti strutturati come collaterali (= in garanzia) per ottenere uno scambio di credito allo 0,15%. Poiché nel 2014, i tassi che le banche chiedono alle PMI oscillano tra il 5 e il 6% in Spagna ed in Italia, tra il 3 e il 4% in Francia ed in Germania, Draghi afferma che le banche ne trarranno benefici sicuramente interessanti. Nonostante questa proposta allettante, le banche sono restie ad aumentare i loro crediti alle PMI ed ad accrescere i prodotti strutturati così come vengono proposti dal presidente della BCE. Eppure, osserva giustamente lo studioso francese la proliferazione di prodotti strutturati è stato al centro della crisi bancaria iniziata nel 2007-2008!
L’economia europea è caduta nella trappola della liquidità
A causa delle politiche perseguite dalle banche centrali e dai governi, l’economia dei paesi più industrializzati è caduta in quella che Keynes chiamava la trappola della liquidità. Mentre le banche centrali iniettano liquidità ed abbassano i tassi di interesse, le banche e le grandi imprese private preferiscono tenere la propria liquidità a portata di mano per far fronte ai duri colpi delle bombe a scoppio ritardato che si annidano nei loro bilanci ed alle nuove bolle che esse stesse contribuiscono attivamente a fabbricare. Le imprese industriali e dei servizi considerano che non valga la pena investire poiché la domanda, sia privata che pubblica, risulta assai anemica. Esse si trovano dunque a gestire un’enorme massa di liquidità che utilizzano per speculare. Nel 2012 le imprese europee detenevano 2’400 miliardi di euro sotto forma di liquidità (16 volte il budget annuale dell’Unione Europea!)
Secondo Keynes, per uscire dalla trappola della liquidità occorre che i governi aumentino la spesa pubblica per rilanciare la domanda e, in questo modo, l’economia nel suo complesso: spese d’investimento (si potrebbe evidentemente investire massicciamente nella transizione ecologica, nelle energie rinnovabili, nei grandi lavori di pubblica utilità, nelle strutture scolastiche e collettive), spese per assumere personale nei servizi pubblici e per pagarli meglio, spese sociali (salute, educazione, servizi sociali), spese per aumentare le pensioni e gli assegni sociali… Ma di tutto ciò le banche centrali ed i governi non vogliono sentir parlare perché vogliono intensificare la loro politica di attacco alle conquiste sociali.
Intanto la Bce, nel ribadire le proprie significative aperture di politica monetaria con le misure non convenzionali di stimolo e manifestando la disponibilità, del caso, ad attuare nuovamente politiche di quantitative easing per l’acquisto di titoli sovrani, rimarca la necessità che gli Stati membri dell’Ue facciano in fretta le c.d. riforme strutturali, in particolare quelle del lavoro che, evidentemente, dalla lente d’ingrandimento di Draghi ha bisogno di maggiore flessibilità. Quale migliore sponda per il governo di Roma per intervenire su art. 18 ed altre tutele ad oggi riconosciute ai lavoratori italiani!
Secondo Toissant, la risposta è un’altra: sicuramente quella della trasformazione della Bce in ente di ultima stanza che stampa moneta e soprattutto concede direttamente prestiti e finanziamenti agli Stati, senza l’intermediazione delle banche. In secondo luogo, “occorre socializzare il settore bancario (che implica il suo esproprio) e porlo sotto il controllo dei cittadini (dei salariati bancari, dei clienti, delle associazioni e dei rappresentanti dei settori pubblici locali), perché il settore deve essere sottoposto alle regole del servizio pubblico e i profitti che derivano dalla sua attività devono essere utilizzati per il bene comune”. Cosa che potrebbe realizzarsi meglio nelle banche locali e a dimensione regionale, soprattutto quelle popolari e di credito cooperativo, grazie anche ai sistemi di controllo diffuso dell’azienda, resi possibili anche dal principio capitario (una testa un voto), mentre per le banche più grosse sarebbe forse più facile attuarne la nazionalizzazione, con un controllo diretto esercitato da un soviet di lavoratori e da un comitato di cittadini ed utenti.
“La politica della BCE, delle altre banche centrali e dei governi applicata finora ha causato un forte aumento del debito pubblico, a causa di molteplici fattori, legati fra di loro: il costo del salvataggio delle banche; il costo della crisi, di cui sono responsabili le banche centrali, i governi, le banche private e le altre grandi imprese; la proibizione per gli Stati di chiedere prestiti alla Banca centrale; le continue agevolazioni fiscali alle grandi imprese e ai detentori di grandi patrimoni…. Tutto questo conferisce un carattere palesemente illegittimo ad una parte importante del debito pubblico. In particolare: quella parte di debito pubblico causato dagli interventi di salvataggio della banche è sicuramente illegittima e deve essere rifiutata”.
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