CREDITO ALLE IMPRESE AD UN BIVIO.

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Il credit crunch – stretta creditizia – si è fortemente accentuato negli ultimi anni in Europa in concomitanza anche con le regole stringenti di Basilea 2 prima, Basilea 3 che hanno imposto una differente politica di accantonamenti a fronte del rischio di default (impossibilità di far fronte al rimborso di capitale ed interessi) dei soggetti beneficiari di linee di credito. Ciò ha comportato scelte finalizzate a privilegiare controparti sempre più solide ed affidabili, a scapito di quelle dotate di un basso merito creditizio.

I rischi e la scarsa redditività degli impieghi, determinata vuoi dalla tendenza verso il basso dei tassi, vuoi dalla grave contingenza economica, vuoi dai consistenti accantonamenti necessari per concedere credito a controparti con rating medio-basso (in parte compensato dal maggior costo del credito per il soggetto affidato), hanno indotto negli ultimi anni le istituzioni bancarie a privilegiare gli investimenti in titoli di Stato di più certa remunerazione, soprattutto fintanto che la redditività degli stessi è rimasta alta. Ora che i bond governativi non assicurano più performance elevate, si ritornerà a fare credito un po’ di più grazie alle politiche di stimolo alla crescita economica varate dal consiglio della Bce dello scorso 5 giugno, che destinerà centinaia di miliardi alle banche dell’area euro con i rifinanziamenti a medio termine (fino a 4 anni) con vincolo di destinazione alle imprese (Tltro).

Lo strumento varato, assieme ad altri (tipo Abs) dall’Eurotower e che troverà sostegno anche nelle nuove iniziative di Bankitalia – che ha, tra l’altro, individuato nuove linee di credito disponibili e strumenti da porre a garanzia dei prestiti che la Bce concederà, come portafogli di mutui ipotecari di elevato standing –  consentirà però solo in parte di rilanciare il credito alle imprese. Per i principali gruppi bancari italiani, per esempio, la liquidità che verrà messa a disposizione dalla Bce costituirà solo una percentuale marginale – il 7%,  ad esempio, per Monte dei Paschi di Siena –  dei fondi che verranno impiegati a sostegno dell’economia. Considerato per altro, che il sistema bancario nostrano è alle prese con consistenti stock di crediti deteriorati e sofferenze, che li obbligano a rettifiche ed accantonamenti rilevanti,  è difficile pensare che un’eventuale ripresa economica possa passare solo dal canale bancario.

Il sopra descritto fenomeno comporta dunque l’emersione della c.d. disintermediazione del credito, con la comparsa anche di “finanziatori alternativi”, ovvero prestatori non bancari come asset management, compagnie di assicurazione, fondi pensione, società finanziarie specializzate.  Anche il governo Renzi è intervenuto per consentire,  in prospettiva, a questi soggetti di prestare danaro alle imprese, con alcuni provvedimenti che attendono strumenti attuativi. Anche il crowfunding incomincia a farsi strada nel nostro Paese, anche se principalmente con riferimento a progetti d’impresa di piccola portata finanziaria. Ed anche questo fenomeno lo si sta tentando di normare, soprattutto per i profili che possono coinvolgere la Consob.

Negli ultimi trent’anni negli Stati Uniti il processo di disintermediazione del credito bancario ha portato la quota di finanziamenti erogati dalle banche a imprese non finanziarie ed immobiliari  da oltre il 50% all’attuale 23% del credito complessivo. In Europa invece, dove il sistema creditizio è decisamente bancocentrico, la percentuale dei  finanziamenti bancari alle imprese sono attorno al 45%.

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