RIDOTTI DRASTICAMENTE I FONDI PER L’EDILIZIA SCOLASTICA. COSA POTREBBE SERVIRE PER AUMENTARE LE RISORSE PER LA CRESCITA

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Alla fine la sorpresa, negativa, per l’edilizia scolastica, che doveva essere uno dei fiori all’occhiello della “manovra renziana”, con ben 3,7 miliardi che si sarebbero dovuti destinare soprattutto alla ristrutturazione e messa in sicurezza di numerosissimi edifici scolastici, in ogni dove italiano. Ne sono rimasti, di quei quasi 4 miliardi, appena 244 milioni di euro con l’accorgimento che i fondi eventualmente spesi da comuni e province non verranno assoggettai al patto di stabilità. Poca cosa, dunque. Eppure quella misura avrebbe avuto due grossi meriti: da un lato tranquillizzare famiglie ed operatori scolastici sulla sicurezza delle scuole, dall’altro offrire una ventata positiva di lavoro all’edilizia in crisi e dunque contribuire alla crescita ed al Pil nazionale. I fondi però sono finiti altrove, a sostegno anche di un contributo (bonus) agli stipendi di dieci milioni di italiani complessivamente più generoso, in termini di platea beneficiaria degli 80 euro (dagli 8 mila ai 24 mila euro di reddito imponibile); si è ridotta poi l’entità della spending review cottarelliana di 1,5 miliardi rispetto a quelli preventivati e poi, la lotta all’evasione fiscale drenerà un miliardo in meno, da 3 a 2 miliardi per quest’anno.

Eppure non mancano indicazioni favorevoli dall’economia, in particolare dai lavori per recupero edilizio e risparmio energetico.I maxibonus potenziati al 50% ed al 65% trainano infatti i lavori in casa e valgono ormai quasi due punti di Pil. Per ristrutturazioni edilizie e risparmio energetico nel 2013 la spesa delle famiglie è stata di 28 miliardi, di cui 4,8 miliardi di Iva pagati allo Stato. Nei primi due mesi del 2014 le agevolazioni fiscali hanno contribuito ad incrementare ulteriormente questo mercato, con 5,7 miliardi al netto di Iva, con una crescita del 54% rispetto al primo bimestre 2013. Questo mercato comporta vantaggi per tutti, anche per l’occupazione, in quanto vengono stimati in circa 340 mila gli occupati diretti e dell’indotto.  Giorgio Santilli, in un proprio articolo pubblicato domenica 27 aprile da Il Sole 24 Ore, fa notare come questo strumento fiscale, allargato di recente anche all’acquisto di mobili ed elettrodomestici, quando compresi nella ristrutturazione dell’immobile, ha “potenzialità straordinarie … tutte da verificare, con un enorme patrimonio edilizio vetusto da recuperare e mettere in sicurezza e il mercato della riqualificazione che supera il 60% dell’intero mercato edilizio”. Santilli chiede al governo di stabilizzare tale misura – il credito d’imposta – agli attuali livelli per gli anni futuri. La stabilizzazione del bonus servirebbe a dare indicazioni precise all’edilizia, che si muoverebbe verso i settori dove sono previste agevolazioni fiscali, anche perché si è ridotta la domanda di nuove abitazioni, mentre si è incrementato quella diretta alla manutenzione ed alla ristrutturazione degli immobili esistenti, con un risparmio di territorio da consumare. Santilli invita ad allargare il bonus “alle altre grandi urgenze del patrimonio edilizio nazionale – messa in sicurezza degli edifici, consolidamento antisismico, demolizione e ricostruzione in scala urbana”. Si chiede in sostanza, l’avvio di una politica organica “per fare della riqualificazione edilizia di qualità e del risparmio energetico il perno per un nuovo sviluppo italiano”. Con incentivi per la crescita ed un incremento dell’Iva versata allo Stato, che lo stesso potrà utilizzare per sostenere lo sviluppo.

Vendita di beni demaniali e società di cartolarizzazione. Enrico Cisnetto, sempre domenica 27 aprile, ma stavolta dalle colonne de Il Messaggero, per abbattere il debito pubblico, che salirà quest’anno al 134,9% in rapporto al Pil (ammesso che questo salga dello 0,8%, come previsto nel Def), propone “una misura che, partendo dal patrimonio pubblico, generi risorse capaci di ridurre una tantum e in modo significativo lo stock di debito fin qui accumulato, e allo stesso tempo di fornire munizioni, sotto forma di investimenti in conto capitale, allo sviluppo”. L’idea di Cisnetto è quella di conferire ad una società ad hoc, da quotare in Borsa, quella parte catalogata e più facilmente trasferibile del patrimonio pubblico (circa 800 miliardi, secondo il Mef) e contemporaneamente chiedere ai patrimoni privati eccedenti 1 milione di euro, per esempio, di obbligarsi a sottoscrivere i titoli della società veicolo per assicurare il buon esito del classamento. ” Con il ricavato – spiega Cisnetto – si potrà ridurre il debito appena sotto il 100% del Pil … risparmiando così una bella fetta di interessi (nel 2013 abbiamo speso 82 miliardi, il 5,3 cento del Prodotto interno lordo, portando a 318 miliardi il conto degli ultimi quattro anni), e con il resto si potranno finanziare investimenti capaci di fare da volano all’economia”. 

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